“L’elemento distintivo fra il reato di riciclaggio e quello di ricettazione con specifico riguardo al settore delle autovetture” – Corte di Cassazione – penale – sez. II – sentenza dell’8 novembre 2023 – n. 47880

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L’elemento distintivo fra il reato di riciclaggio e quello di ricettazione, fra i quali esiste un rapporto di specialità, è rinvenibile nel fatto che elemento caratterizzante le condotte del primo reato (a dolo generico e non specifico, come quello sotteso alla ricettazione) è l’idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene

 

Avuto specifico riguardo al settore delle autovetture, va ribadito che si ha riciclaggio ogniqualvolta si pongano in essere operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, attraverso un’attività che impedisce il collegamento degli stessi con il proprietario che ne è stato spogliato, ciò in quanto con la norma incriminatrice di cui all’art. 648 bis cod. pen. Il legislatore ha voluto reprimere sia le attività che si esplicano sul bene trasformandolo o modificandolo parzialmente (ad esempio alterazione del numero di telaio o di targa) sia quelle altre che, senza incidere sulla cosa ovvero senza alterarne i dati esteriori (ad esempio falsificazione della carta di circolazione), sono comunque di ostacolo per la ricerca della sua provenienza delittuosa.

 

Massimazione a cura della Redazione di IURA NOVIT CURIA ©

 

 

Presidente: PETRUZZELLIS ANNA

Relatore: MESSINI D’AGOSTINI PIERO

Data Udienza: 08/11/2023

 

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo manifestamente infondato.

2. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l’elemento distintivo fra il reato di riciclaggio e quello di ricettazione, fra i quali esiste un rapporto di specialità (Sez. U, n. 25151 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 259590), è rinvenibile nel fatto che elemento caratterizzante le condotte del primo reato (a dolo generico e non specifico, come quello sotteso alla ricettazione) è l’idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene (Sez. 2, n. 30265 del 11/05/2017, Giamè, Rv. 270302; Sez. 2, n. 48316 del 06/11/2015, Berlingeri, Rv. 265379; Sez. 2, n. 50950 del 13/11/2013, Vinciguerra, R.v. 257982; Sez. 2, n. 35828 del 09/05/2012, Acciaio, Rv. 2538)0).

Avuto specifico riguardo al settore delle autovetture, va ribadito che si ha riciclaggio ogniqualvolta si pongano in essere operazioni in nodo da ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, attraverso un’attività che impedisce il collegamento degli stessi con il proprietario che ne è stato spogliato, ciò in quanto con la norma incriminatrice di cui all’art. 648 bis cod. pen. illegislatore ha voluto reprimere sia le attività che si esplicano sul bene trasformandolo o modificandolo parzialmente (ad esempio alterazione del numero di telaio o di targa) sia quelle altre che, senza incidere sulla cosa ovvero senza alterarne i dati esteriori (ad esempio falsificazione della carta di circolazione), sono comunque di ostacolo per la ricerca della sua provenienza delittuosa (Sez. 2, n. 19480 del 29/03/2019, Gagliano, non mass. sul punto; Sez. 2, n. 39702 del 17/05/2018, Gallo, Rv. 273899; Sez. 2, n. 56391 del 23/11/2017, Quattrocchi, Rv. 271533; Sez. 2, n. 41740 del 30/09/2015, Cariati, Rv. 265097; Sez. 2, n. 25940 del 12/02/2013, dep. 2013, Bonnici, Rv. 256454).

3. Per la prima volta in sede di legittimità la difesa ha sostenuto, in via subordinata, che nella fattispecie sarebbe ravvisabile il solo tentativo di riciclaggio in quanto dagli atti d’indagine emergerebbe che l’imputato venne sorpreso “nell’atto dello smontaggio delle componenti dei due autoveicoli”. In proposito va premesso che la deduzione in ordine alla riqualificazione giuridica in una fattispecie di reato meno grave può essere valutata ex art. 609, comma 2, cod. proc. pen., pur se non proposta in appello, SDIO quando l’esame della stessa non richiede da parte di questa Corte accertamenti in fatto (Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, Tucci, Rv. 272651; Sez. 1, n. 13337 del 16/05/2013, dep. 2014, Rossi, Rv. 259730; Sez. 5, n. 84:32 del 10/01/2007, Gualtieri).

Nel caso in esame la deduzione difensiva per un verso risulta generica e tale da richiedere un accertamento in fatto (circostanza che di per-sé ne comporta la inammissibilità) e per altro verso contrasta anche con la ricostruzione emergente dalla sentenza di primo grado, dalla quale risulta che varie parti delle due autovetture provento di furto erano già state smontate e che 11 collegamento fra i veicoli, le relative targhe e i furti fu possibile solo a séguito di accertamenti da parte dei Carabinieri entrati all’interno del garage.

Quando intervenne la polizia giudiziaria, pertanto, vi era già stata una separazione fisica tra i veicoli, intesi nella loro completezza funzionale, e alcuni pezzi idonei ad identificarne la provenienza; il fatto che fossero in corso ulteriori operazioni di smontaggio di altri componenti non consente una retrocessione della condotta a mero livello di tentativo (e ciò a prescindere dalla configurabilità del tentativo nel delitto di riciclaggio, questione sulla quale vi è un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, non rilevante nella fattispecie).

4. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in data 8 novembre 2023.