Un difficile ménage à trois: cittadino, PA ed…informatica

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Nota a Consiglio di Stato Sezione Quarta – Decreto Presidenziale n. 5055 del 21 ottobre 2022

 

a cura dell’ avv.Diotima Pagano

 Redazione di IURA NOVIT CURIA ©

 

Se la Pubblica Amministrazione è “formazione sociale” in cui il cittadino espande e realizza la sua dignitosa esistenza civile (M. Nigro); se il procedimento amministrativo è “luogo di culto dell’interesse legittimo” (ancora, M. Nigro); se, nella dialettica procedimentale si registra una tendenziale e democraticamente ineludibile “parità delle armi”, se tutto questo è ormai acquisizione matura, non si può che plaudire al Decreto del Presidente sez. IV del Consiglio di Stato che ha condensato in poche, ispirate righe un problema relazionale gigantesco: quello della effettiva uguaglianza amministrativa, che viene data per scontata, per quanto attiene all’utilizzo, necessario, delle strumentazioni informatiche, per interagire con la Pubblica Amministrazione.

Si tratta, infatti, di uno schema formale (quello della digitalizzazione) che si trasforma in una problematica di giustizia sostanziale, di reale uguaglianza sociale, se – come sembra – viene dato quale pre-requisito, ciò che, per contro, non lo è: ovvero che tutti i cittadini-amministrati siano informaticamente alfabetizzati e, di conseguenza, abbiano efficienti ed aggiornate dotazioni domestiche.

Di qui, con mano sapiente, i tre interrogativi che il giudice d’appello cautelare pone:

b-1) se a carico del semplice cittadino, pur non trattandosi di un “professionista”, sia traslabile tutto quanto la giurisprudenza abbia finora enucleato sulla partecipazione delle imprese alle pubbliche gare (o degli avvocati al processo telematico);

b-2) se e fino a che punto, a fronte di malfunzionamenti del sistema o del collegamento a esso, il cittadino possa essere costretto a una sorta di “gioco dell’oca” per completare una procedura telematica impostagli (e altresì onerato di riuscire ad avvedersi per tempo dei propri insuccessi);

b-3) se meriti adeguata considerazione la tesi che sul cittadino, in quanto non imprenditore (rectius: non “professionista”), non possa gravare l’onere di munirsi d’una sorta di “ufficio informatico” per potersi correttamente rapportare con l’amministrazione pubblica, e che gli vada perciò riconosciuto, in ogni caso di difficoltà (salvo a postulare un generale obbligo di alfabetizzazione informatica quale precondizione per continuare a godere dei più elementari diritti civili), un soccorso amplissimo – preventivo, ma anche successivo – a carico della controparte pubblica (che, per proprie esigenze, abbia imposto modalità di accesso esclusivamente telematiche);

 

Come è noto, se il PNRR (e non solo) ripone nella digitalizzazione le maggiori aspettative di sviluppo e modernizzazione della Pubblica Amministrazione e di tutta la società italiana, una “sana” e realistica riflessione su quelle che sono le condizioni di partenza digitale, è da ritenersi ineludibile.

 

Post scriptum:

Come si legge su Internet: L’ importo per il rilascio del “passaporto elettronico”. è di 42,50 euro, ed è intestato al “Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro”, sul conto corrente n. 67422808, causale “rilascio del passaporto elettronico”.

Fin qui tutto regolare…

Poi si precisa che:

In Italia non è ancora possibile pagare in via telematica (online) il contributo per il rilascio del passaporto. Bisogna ancora recarsi fisicamente all’ufficio postale.

“Fisicamente”, leggi: occorre recarsi all’Ufficio Postale e chiedere previamente il bollettino, quello solo con cui è possibile effettuare il dovuto versamento.

Ne consegue: sia il cittadino, ma anche la Pubblica Amministrazione. ne devono ancora fare di strada…informatica…