Le fake news…ed il legislatore italiano (a proposito dell’art. l’art. 33 quater del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115)

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A cura dell’ avv. Diotima Pagano

Redazione di IURA NOVIT CURIA

 

 

 

 “S’ils n’ont plus de pain,”

“ qu’ils mangent de la brioche”

 

Siamo immersi nelle informazioni: la loro circolazione, rapida, diretta, in tempi reali, costituisce una delle principali, caratterizzanti peculiarità della attuale società globale.

Tanto innesca un positivo test di democraticità per il sistema politico; che le informazioni circolino liberamente determina una virtuosa e genuina spinta alla trasparenza.

Al contempo ed in contrasto, v’è un’ombra sistemica, rilevante quanto l’aspetto propositivo predetto: più le fonti informative si moltiplicano, più sono ampie, complesse ed a fortiori ingovernabili, più si accresce il potenziale distruttivo della disinformazione.

Nasce qui la tematica delle fake news.

Volendolo investigare, il problema vero è, come già si accennava, connesso alla micidiale (recte: virale) diffusività che le false news possono assumere nel Web e nei suoi più affollati e frequentati contesti in cui si dilatano a dismisura, tanto che sovente si leva il grido di dolore che i “social hanno ucciso il giornalismo”.

Nel tentativo di perimetrare il fenomeno, qualche considerazione di fondo, si pone.

A) Come evidenzia la drammatica battuta (falsamente) attribuita alla regnante in Francia, Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, (“Maestà il popolo ha fame”, “Se non hanno più pane, che mangino brioche”), le notizie false sono sempre esistite, manipolate ed utilizzate per gli scopi più vari.

B) La verità raccontata costa: occorrono testate indipendenti, giornalisti coraggiosi e preparati, risorse, tempi, accurate verifiche e riscontri, possibilità di veicolare le inchieste nei canali giusti e con i tempi giusti.

Per contro, le false news sono di più agevole e pronta costruzione e, attraverso i dilatati canali attuali, facilmente immettibili in quella sorta di sistema nervoso centrale costituito da Internet e dalle sue diramazioni.

C) Il carattere agevole, anche “artigianale”, “fai da te” della costruzione delle fake news, non deve tuttavia trarre in inganno.: si è volutamente, finora, evitato il termine “bufala”, come si è soliti etichettare le false informazioni che girano in rete, in quanto il carattere “facile” della sua costruzione, la rapidità di diffusione, non deve obliterare la struttura composita, studiata, velenosamente architettata della notizia falsa.

Che la notizia falsa sia una “bufala” è, in altri termini, una fake news, perché, come si tenterà di formalizzare di seguito, il termine predetto costituisce una alterazione sminuente, tesa a smussarne la pericolosità che, invece, sussiste intera.

Non è lontano dall’essenza delle fake news, l’aria di don Basilio nel Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini, quando afferma (recte: canta): La calunnia è un venticello, Un’auretta assai gentile Che insensibile, sottile, Leggermente, dolcemente Incomincia a sussurrar [1], non solo così centrando il carattere diffusivo, ma altresì la sinistra sua qualità, appunto, non di “bufala”.

Quali sono dunque gli ingredienti principali, in sintesi, delle fake news?

Accanto alla facilità attuale della circolazione già indicata e, vale ribadirlo, elemento strategicamente fondante, occorre una ottimale miscela che inneschi e faccia lievitare il tutto.

La ricetta per una “buona” fake va allora indagata nel previo sondaggio degli umori di una folla indistinta di utenti, percepita, tuttavia, nei suoi umori più profondi: occorre, in chi la crea, la capacità di aggregare un consenso su di un’emozione, una spinta molto spesso ancestrale, un riflesso, uno stimolo che sappia agitare il fondo oscuro, primordiale, clanico, del gruppo: che faccia risuonare il richiamo della foresta.

A questo punto, mosso l’inconscio collettivo, che la notizia sia falsa, è solo un dettaglio insignificante, secondario.

Veniamo a qualche esempio.

1.- La frase attribuita a Maria Antonietta, poi finita sotto la ghigliottina dei rivoluzionari francesi, tocca la pancia del popolo affamato e rende perfettamente l’estraneità, l’alterigia rimproverata ad una regina di sangue forestiero.

La fake è utilizzata in chiave denigratoria e condensa tutto l’odio popolare: come si diceva, che sia fasulla è secondario: la frase, originariamente riportata da Rousseau, è  periodicamente affibbiata a varie persone (in prevalenza, donne) per spregiarne la superbia principesca e la durezza verso i più bisognosi.

E’ così ben “cucita” sul personaggio di Maria Antonietta che, sebbene inveritiera, coglie appieno la psicologia dei destinatari, servendola su un piatto d’argento a chi non aspettavs altro che sbottare contro di lei.

2.- “Piove, Governo ladro: la fake si produce combinando artatamente una causa con un effetto platealmente distonico e, pur tuttavia, l’inaccettabile collegamento istiga, occasiona, eccita il malumore di un gruppo che gode di qualsivoglia occasione pe scagliarsi, nel caso di specie, contro il potere costituito.

Qui non c’è una falsa attribuzione; vince l’alterazione del nesso causale: come dire, qualunque contesto è valido per ricordasi di oltraggiare i governant e attribuirgli tutte le colpe.

3.- Più complessa, ma di efficace durata è la fake relativa ai c.d. Protocolli dei Savi di Sion”.

Trattasi di un falso programma che la comunità ebraica avrebbe approntato per prendersi e governare sul modo intero.

Data agli inizi del 900 ed è stato prodotto dalla polizia segreta dello zar lavorando su tutti i materiali propagandistici del tempo.

Un lavoro di equipe ben riuscito.

Qui non si denigra, né si oltraggia su base occasionale; si attribuisce falsamente a qualcuno, un documento non genuino.

Il testo assemblato è sicuramente falso: ma anche qui non importa.

Resta strumento tuttora valido per fomentare l’antisemitismo, prima in chiave nazista ora islamica.

4.- Queste ed altre considerazioni analoghe sono scaturite dalla lettura e dai successivi commenti ad una novella legislativa che ha interessato il T.U. dell’edilizia.

In particolare, il riferimento è all’art. 33 quater del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 (in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 185 del 9 agosto 2022), convertito nella legge del 21 settembre 2022, n. 142 recante: «Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali», dal titolo: “Norme di semplificazione in materia di installazione di vetrate panoramiche amovibili”.

Si tratta di una norma tesa a semplificaregli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, cosiddette VEPA, dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio o di logge rientranti all’interno dell’edificio, purche’ tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile.”

Dalla piana lettura della norma si evidenzia che l’intervento si potrà effettuare senza previo titolo edilizio sempre che rispetti le dettagliate disposizioni novellate (amovibilità, temporaneità, assenza di incrementi…).

Orbene se si consulta il WEB in argomento, si apprende che è possibile (sempre e comunque) “chiudere” i balconi; rendere con vetrate tali spazi completamente abitabili; finalmente, a casa propria fare quello che si vuole dei propri spazi di pertinenza!

Se non ci si inganna, siamo di fronte ad una peculiare forma di fake giuridica: l’alterazione del vero normativo per amplificazione distorta, capace di catturare l’attenzione dei webnauti.

 

 



(!) Colpisce la lettura, in chiave di analisi di una fake, dell’intera aria. Sembra che il sublime pesarese, avesse già presente la propagazione tramite internet: La calunnia è un venticello, Un’auretta assai gentile Che insensibile, sottile, Leggermente, dolcemente Incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, Sottovoce, sibilando, Va scorrendo, va ronzando; Nelle orecchie della gente S’introduce destramente E le teste ed i cervelli Fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo Lo schiamazzo va crescendo Prende forza a poco a poco, Vola già di loco in loco; Sembra il tuono, la tempesta Che nel sen della foresta Va fischiando, brontolando E ti fa d’orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, Si propaga, si raddoppia E produce un’esplosione Come un colpo di cannone, Un tremuoto, un temporale, Un tumulto generale, Che fa l’aria rimbombar. E il meschino calunniato, Avvilito, calpestato, Sotto il pubblico flagello Per gran sorte ha crepar.