Lampi giuridici⚡: discrezionalità tecnica a cura dell’avv. Chiara Galderisi

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Il tema della discrezionalità tecnica innesca plurime riflessioni che principiano dalla crisi della legalità sostanziale, con il ricorso alle Autorità Amministrative Indipendenti sottratte al tradizionale circuito democratico delineato dall’art 95 Cost, per poi connettersi all’evoluzione del concetto di interesse legittimo, meritevole di una tutela effettiva anche allorquando si confronta con poteri pubblicistici dotati di elevato tecnicismo.

Ci si chiede, quindi, quali siano i limiti del sindacato giurisdizionale in materia e, soprattutto, a chi spetta il compito di definirli.

Gli approdi giurisprudenziali raggiunti dal diritto amministrativo, peraltro, si intersecano con quelli di altri rami dell’ordinamento. Non è, infatti, escluso che siano soggetti privati a dover riempire di contenuto tecnico regole non compiutamente definite, come accade nel contesto della normativa sull’antiriciclaggio allorquando si tratta di segnalare le operazioni reputate “anomale” ovvero nell’operato medico secondo linee guida. E se la scelta a monte ha richiesto una valutazione tecnica, l’A.G. adita per controllarne la legittimità non può, a sua volta, fare a meno del sapere di un esperto.

 

 

Scheda sintetica a cura dell’avv. Chiara Galderisi

Redazione di IURA NOVIT CURIA ©

 

 

Il proprium dell’attività amministrativa consiste nella capacità, riconosciutale per legge, di effettuare valutazioni discrezionali, funzionali ad adeguare l’attività della P.A. al carattere mutevole degli interessi pubblici che sono affidati alle sue cure.

Il legislatore non può anticipare ciascuna delle molteplici esigenze che l’apparato amministrativo si troverà a fronteggiare, pertanto, in omaggio al principio di legalità sostanziale di cui all’art 97 Cost, individua i presupposti per la spendita del potere così come l’obiettivo da perseguire, per poi lasciare alla P.A la possibilità di selezionare, di volta in volta, il modo più opportuno per farlo.

Rispetto alle scelte discrezionali “pure”, pertanto, la P.A. gode di una certa “riserva” rispetto al potere giudiziario il quale, di regola, non potrà intervenire a sostituire la propria valutazione alla scelta di opportunità fatta dall’organo amministrativo, salvo che non ravvisi il vizio dell’eccesso di potere di cui all’art 29 C.P.A..

Il sindacato del giudice è, del resto, confinato anche sul versante penale come conferma la Consulta da ultimo intervenuta sull’art 323 c.p. in materia di abuso d’ufficio, reputandolo immune da censure di incostituzionalità nella parte in cui esclude dall’area del penalmente rilevante l’esercizio del potere discrezionale (Corte Costituzionale, 18 gennaio 2022 sentenza n. 8).

Distinta dalla discrezionalità “pura” è la discrezionalità tecnica in virtù della quale l’Amministrazione è chiamata a fare applicazione di regole di carattere specialistico dagli esiti applicativi opinabili.

Non si tratta, in questo caso, di comparare gli interessi e compiere una scelta di opportunità.

Piuttosto, la P.A. è tenuta essa stessa a riempire di contenuto un concetto indeterminato.

In altri termini, la discrezionalità tecnica è caratterizzata dal fatto che è la stessa P.A. a contribuire a definire i presupposti per l’esercizio del suo futuro potere.

Il principio di legalità sostanziale subisce una battuta d’arresto. Il legislatore individua esclusivamente l’obiettivo da perseguire e rinuncia, almeno in parte, a delimitarne i presupposti

Così, per esempio, la l. 287/1990 incarica l’Autorità Garante della Concorrenza di impedire l’abuso di posizioni dominanti assunte da parte di determinate imprese sul mercato di riferimento, attribuendole innanzitutto il compito di definire cosa s’intende per “abuso di posizione dominante”.

Una volta stabiliti i parametri, e quindi i presupposti per l’intervento sanzionatorio, la stessa A.G.C.M. procede a ricostruire il fatto concreto per poi, da ultimo, verificare se esso è sussumibile nel concetto di abuso precedentemente definito.

Lo stesso avviene quando il D.Lgs. 50/2016 affida alla commissione di gara il compito di rilevare le offerte “anomale”.

Invero, la discrezionalità tecnica potrebbe competere finanche a soggetti privati, come avviene in virtù del D.Lgs. 231/2007 allorquando, ex artt. 10 ss., si individuano i soggetti tenuti a verificare la sussistenza di operazioni “anomale” da segnalare all’U.I.F., o secondo quanto previsto dalla l. 24/2017 nella parte in cui demanda ai singoli operatori sanitari il compito di adattare le linee guida predisposte in astratto dalla comunità scientifica alle peculiarità del caso clinico.

Senonché, la mancata rigida predeterminazione dei presupposti per l’esercizio del potere, tanto di natura pubblicistica quanto di natura privatistica, implica che la medesima valutazione, fatta da un diverso organo o da una diversa persona fisica, potrebbe portare ad un esito opposto, con notevoli riflessi applicativi.

Un’operazione societaria potrebbe o meno essere reputata lesiva della concorrenza e quindi paralizzata, un’offerta particolarmente economica potrebbe o meno comportare l’esclusione dalla gara, un’operazione bancaria potrebbe o meno determinare l’instaurazione della procedura volta all’accertamento di condotte di riciclaggio, con tutto ciò che ne deriva in termini di segretezza delle indagini e compromissione del diritto ad essere informato da parte dell’interessato.

 

Si pone, allora, il problema di capire se il G.A. (ma lo stesso vale anche per il G.O. secondo quanto osservato fin ora) nel sindacare scelte connotate da discrezionalità tecnica sconti quegli stessi limiti previsti rispetto all’esercizio del potere amministrativo discrezionale “puro”.

Si tratta di valutare fino a che punto si possa garantire tutela effettiva ex art 24 Cost alla posizione giuridica di chi si relaziona con l’esercizio di poteri dotati di un certo tecnicismo volti a perseguire interessi pubblici, in cui, invero, si possono inscrivere anche quello alla regolarità del circuito finanziario così come all’adeguatezza delle cure.

Ebbene, in origine la discrezionalità tecnica è stata equiparata al merito insindacabile se non nei limiti del su menzionato eccesso di potere.

Il provvedimento espressione di discrezionalità tecnica risultava, quindi, annullabile solo laddove connotato da illogicità, contraddittorietà o irragionevolezza manifesta, senza che fosse possibile, per il Giudice adito, apprezzare la correttezza delle regole tecniche utilizzate e senza poter ripercorrere l’iter logico seguito dall’organo amministrativo per assumere la propria decisione.

Si deve all’intervento della Consiglio di Stato con sentenza del 1999 n. 601 l’ammissione di un controllo c.d. intrinseco volto a verificare l’attendibilità delle scelte tecniche effettuate dalla P.A., tanto nella fase definitoria del concetto indeterminato quanto nella successiva fase applicativa.

Il Consiglio di Stato con sentenza del 2001 n. 1247 ha, poi, contribuito a definire il “decalogo” del sindacato giudiziario sull’azione amministrativa, fornendo istruzioni puntuali agli interpreti che si confrontano con leggi scientifiche dagli esiti applicativi “relativi” e chiarendo come l’apprezzamento dei presupposti del provvedimento, quand’anche di natura tecnica, attenga pur sempre alla legittimità di quest’ultimo.

Il dibattito è, ciò nonostante, proseguito poiché, secondo una parte della dottrina, il sindacato del G.A. si sarebbe potuto spingere addirittura fino alla sostituzione della propria personale valutazione a quella effettuata dalla P.A. una volta riscontratane l’erroneità (c.d. sindacato intrinseco forte).

L’orientamento prevalente, tuttavia, in omaggio al principio di separazione dei poteri, ritiene che l’illogicità esterna della decisione amministrativa tecnica consenta la ripetizione delle operazioni tecniche da parte del Giudice al fine di appurare l’esistenza di profili di erroneità. Laddove la soluzione adottata dalla P.A. non rientri nella gamma di quelle plausibili, tuttavia, il G.A. non può che limitarsi a rilevarlo, annullando il provvedimento con l’effetto conformativo che ne deriva rispetto alla successiva riedizione del potere, senza poter sostituire il suo giudizio a quello dell’organo amministrativo.

Ciò che più rileva, però, è che il riconoscimento al G.A. di un più ampio margine di sindacato sull’operato amministrativo ha comportato, al contempo, l’introduzione nel processo amministrativo del “sapere dell’esperto”, oggi cristallizzato ex art 67 C.P.A..

Anche il Giudice Amministrativo diventa, pertanto, peritus peritorum.

Al decalogo della giurisprudenza amministrativa si aggiunge, allora, quello della giurisprudenza ordinaria nella parte in cui chiarisce come il Giudice debba vagliare l’attendibilità delle tesi scientifiche sottoposte alla sua attenzione dalle parti in causa e dal proprio ausiliare, verificando il grado di condivisione nella comunità scientifica di riferimento così come il livello di preparazione degli esperti implicati nel processo (ex multis Cassazione Penale, IV sez., sentenza del 5 giugno 2018 n. 25125).

De iure condendo occorrerebbe adesso chiedersi cosa accade se è lo stesso il giudice a non fare corretto uso di questo innovativo strumento processuale ovvero quanta “discrezionalità” risiede nel potere dell’A.G..