Commento a Corte Costituzionale – sentenza del 24 settembre 2021 – n. 185
Alessandro Pagano
Redazione di IURA NOVIT CURIA
La sentenza in commento ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 7, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189.
La norma puniva con una sanzione amministrativa pecuniaria pari a cinquantamila euro l’inosservanza delle disposizioni di cui al comma 5 del medesimo articolo, le quali prevedono, a carico di coloro che offrono giochi o scommesse con vincite in denaro, una serie di obblighi a carattere informativo, intesi a porre sull’avviso il fruitore riguardo ai rischi di dipendenza da una simile pratica.
Degna di nota, è la cornice generale in cui la Consulta inscrive il suo intervento demolitorio: sullo sfondo, si coglie l’avvenuta saldatura, nell’ampio concetto di diritto “punitivo,” del complesso sanzionatorio che involge le norme penali ed altrì quelle amministrative.
Rispondendo ad una eccezione dell’Avvocatura dello Stato, la Corte osserva come la prospettazione del giudice a quo rifletta proprio le indicazioni della giurisprudenza costituzionale in punto di applicabilità del principio di proporzionalità, fuori dai confini della materia penale, anche alle sanzioni amministrative a carattere punitivo.
Tali sanzioni – afferma la Corte – condividono, infatti, con le pene il carattere reattivo rispetto a un illecito, per la cui commissione l’ordinamento dispone che l’autore subisca una sofferenza in termini di restrizione di un diritto (diverso dalla libertà personale, la cui compressione in chiave sanzionatoria è riservata alla pena); restrizione che trova, dunque, la sua “causa giuridica” proprio nell’illecito che ne costituisce il presupposto. Allo stesso modo che per le pene – pur a fronte dell’ampia discrezionalità che al legislatore compete nell’individuazione degli illeciti e nella scelta del relativo trattamento punitivo – anche per le sanzioni amministrative si prospetta, dunque, l’esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato; evenienza nella quale la compressione del diritto diverrebbe irragionevole e non giustificata.
Diversamente che per le pene, peraltro, (prosegue la Corte) rispetto alle sanzioni amministrative il principio di proporzionalità trova la sua base normativa non già nell’art. 3 Cost. in combinato disposto con l’art. 27 Cost., nella parte in cui enuncia i principi di personalità della responsabilità e della funzione rieducativa della pena (principi riferibili alla sola materia penale in senso stretto), ma nell’art. 3 Cost. in combinato disposto con le norme costituzionali che tutelano i diritti a volta a volta incisi dalla sanzione (diritti che, nel caso in esame, il giudice a quo identifica nel diritto di proprietà e nella libertà di iniziativa economica).
Addentrandosi nel caso di specie, la Consulta osserva come la norma censurata punisca “indistintamente” l’inosservanza dei plurimi obblighi di condotta contemplati dall’art. 7, comma 5, del d.l. n. 158 del 2012, come convertito, con una sanzione amministrativa pecuniaria di considerevole severità e, al tempo stesso, fissa: non suscettibile, pertanto, di graduazione da parte dell’autorità amministrativa, e del giudice poi, in correlazione alle specifiche circostanze del caso concreto secondo i criteri indicati dall’art. 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).
Con riguardo alle sanzioni penali, la Corte rileva come la «mobilità», o «individualizzazione», della pena – tramite l’attribuzione al giudice di un margine di discrezionalità nella sua commisurazione all’interno di una forbice edittale, così da poterla adeguare alle particolarità della fattispecie concreta – costituisca «naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali, tanto di ordine generale (principio d’uguaglianza) quanto attinenti direttamente alla materia penale», al lume dei quali «l’attuazione di una riparatrice giustizia distributiva esige la differenziazione più che l’uniformità». Ciò implica che, in via di principio, «previsioni sanzionatorie rigide non appaiono in linea con il “volto costituzionale” del sistema penale», potendo il dubbio di illegittimità costituzionale essere superato, caso per caso, solo «a condizione che, per la natura dell’illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, quest’ultima appaia ragionevolmente “proporzionata” rispetto all’intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato».
Tale affermazione – e questo è il segmento concettuale, maxime su cui prestare allerta – si presta ad essere estesa, mutatis mutandis, anche alle sanzioni amministrative a carattere punitivo.
Infatti, pure in questo campo, (mutuando le espressioni proprie della sentenza in esame che a sua volta richiama, in una sorta di “collage” i pregressi pronunciamenti) «previsioni sanzionatorie rigide, che colpiscono in egual modo, e quindi equiparano, fatti in qualche misura differenti, debbono rispondere al principio di ragionevolezza»: donde l’esigenza di verificare «se anche le infrazioni meno gravi», tra quelle comprese nel perimetro applicativo della previsione sanzionatoria, «siano connotate da un disvalore tale da non rendere manifestamente sproporzionata la sanzione amministrativa» comminata.
In simile prospettiva, la Corte ricorda come abbia già ritenuto costituzionalmente illegittima la previsione di sanzioni amministrative rigide e di rilevante incidenza sui diritti dell’interessato per ipotesi di gravità marcatamente diversa, o suscettibili, comunque sia, di condurre, nella prassi applicativa, a risultati sanzionatori palesemente eccedenti il limite della proporzionalità rispetto all’illecito commesso.
Leggi la sentenza su Iura Novit Curia:
“Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189.
La fissità, infatti, del trattamento sanzionatorio impedisce di tener conto della diversa gravità concreta dei singoli illeciti, che è in funzione dell’ampiezza dell’offerta di gioco e del tipo di violazione commessa. Un conto è l’omissione delle formule di avvertimento in schedine o tagliandi di giochi soggetti ad ampia diffusione, altro conto le inadempienze relative a sale da gioco o esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici, la cui gravità varia in modo rilevante secondo la dimensione e l’ubicazione della sala o dell’esercizio, il grado di frequentazione, il numero di apparecchiature da gioco presenti e la circostanza che si sia di fronte a una violazione totale, ovvero solo parziale, degli obblighi previsti. Tutto ciò fa sì che la reazione sanzionatoria possa risultare manifestamente sproporzionata per eccesso rispetto al disvalore concreto di fatti pure ricompresi nella sfera applicativa della norma, come attesta in modo esemplare il caso oggetto del giudizio a quo.” – Contrasto alla ludopatia: la fissità della sanzione amministrativa pecuniaria è incostituzionale – Corte Costituzionale – sentenza del 24 settembre 2021 – n. 185