“A prima lettura”
La legge della Regione Veneto n. 25/2019: un (suggestivo) tentativo di rifondare, rispetto al piano delle sanzioni amministrative, il rapporto fra cittadino e Pubblica Amministrazione: commento a Corte Costituzionale n. 5 del 18 gennaio 2021.
di Alessandro Pagano
La Consulta, con la sentenza del 18 gennaio 2021 n. 5, ha rilevato la illegittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 16 luglio 2019 nr. 25 che prevede, in sintesi, che nessun provvedimento sanzionatorio possa essere irrogato se prima non si sia consentita la regolarizzazione degli adempimenti o la rimozione degli effetti della violazione da parte del soggetto interessato.
Secondo l’Avv.ra dello Stato, per contro, la rimozione degli effetti della violazione nella fase prodromica al suo accertamento, vanificherebbe di fatto l’efficacia deterrente della sanzione (n. 4.)
La Corte ha rifiutato innanzitutto i richiami ad ipotesi legislative che prevedono misure latamente riparatorie, offrendo un sostanzioso catalogo, in cui si segnala, ex pluris, l’art. 36 TU dell’edilizia n. 380/2001: il discorso è peraltro , allargato alla riflessione su “meccanismi di riduzione o addirittura di esclusione della pena, nell’ambito “contiguo del diritto penale”.
Segue la parte decisoria nel merito, tutta incentrata sul principio di legalità delle sanzioni amministrative e sull’esigenza imprescindibile che siano puntualmente preordinati – da parte del legislatore statale o regionale – “i presupposti del potere sanzionatorio”: le garanzie discendenti dall’art. 25 secondo comma della Costituzione – osserva la Corte – si applicano anche agli illeciti e alle sanzioni amministrative di carattere sostanzialmente punitivo: potere sanzionatorio amministrativo che resta comunque soggetto alla riserva di legge relativa di cui all’art. 23 Cost., “qui intesa quale legge regionale”.
I principi in materia implicano inesorabilmente che – laddove la legge rinvii a un successivo provvedimento amministrativo generale o ad un regolamento – sia comunque la legge stessa a definire i criteri direttivi destinati a orientare la discrezionalità dell’amministrazione: “Ciò che non può non valere anche quando la prestazione imposta abbia natura sanzionatoria di una condotta illecita”.
Una simile esigenza – conclude la Consulta – “di predeterminazione, da parte della fonte primaria, dei presupposti dell’applicazione (o non applicazione) della sanzione amministrativa non può, all’evidenza, ritenersi soddisfatta da una disciplina come quella all’esame, che affida quasi interamente a un atto della Giunta la disciplina di un istituto che, secondo le dichiarate intenzioni del legislatore regionale, ha lo scopo di evitare di sanzionare chi pure sia stato sorpreso a violare la legge”.
Il discorso, difficilmente confutabile, è pienamente da condividere.
Resta, tuttavia – e la libertà di un commento a prima lettura, lo consente – di riflettere (se non è possibile valorizzarle) le ragioni che, almeno in sede di contenzioso, la difesa regionale ha esposto a sostegno della legge e che la Consulta ben sintetizza al punto 4.2.: “Tuttavia, nel sostenere la legittimità costituzionale della disposizione impugnata la difesa regionale pone altresì l’accento – da un lato – sull’elevato livello di complessità di molte prescrizioni sanzionate a livello amministrativo, e – dall’altro – sulla prospettiva di un rapporto tra pubblica amministrazione e consociati imperniato su uno schema dialogico-collaborativo anziché oppositivo, che si traduce qui nell’imposizione di un obbligo di “avvertire” il privato circa la necessità di conformarsi al precetto, opportunamente chiaritogli nella sua portata dall’organo preposto all’accertamento, e nella conseguente concessione in suo favore di un termine per consentirgli l’adeguamento al precetto stesso, prima che possa essere dato avvio al vero e proprio procedimento sanzionatorio. Un meccanismo, questo, che – osserva la difesa regionale – potrebbe anche risultare più efficace in termini di tutela degli interessi sostanziali tutelati dalla norma sanzionatoria, preoccupandosi di ottenere l’adempimento (ancorché tardivo) del precetto, piuttosto che di assicurare l’indefettibilità della sanzione”.
Nella specie, il “meccanismo” è incostituzionale, ma colpisce suggestivamente l’idea di fondo di un nuovo rapporto fra pubblica Amministrazione. e cittadino: basta qui il richiamo alla teoria, dell’economia comportamentale, dei nudge.